I cimiteri sono luoghi particolari della città, e se li guardi con gli occhi dell'amministrazione sono una vera rogna, perchè significano manutenzione (fontanelle funzionanti, illuminazione, scale), pulizia delle tante aree verdi all'interno, e poi gestione del personale, quindi custodi, seppellitori, ed infine, pulizia, cioè frequenza dello spazzamento, svuotamento dei cassonetti, e cose simili. Così andare al cimitero è sempre un rimuginare problemi e soluzioni, un prendersela con qualcuno che non ha fatto il proprio dovere, un ostinato tentare modelli organizzativi nuovi per non trascinarci nei vecchi disservizi.

Poi là dentro, se hai pazienza ed ascolti, trovi tante, tante persone. I vivi, che ogni giorno portano un fiore, compiono un gesto di devozione, rinnovano un legame. Sono tanti, donne, forse un po' di più, ed uomini, di ogni età. E con loro puoi parlare, ovviamente, di come possiamo tenere più pulito, di dove mettere una nuova fontanella, e della manutenzione che finalmente faremo, dopo decenni, e degli orari d'apertura, e mentre parliamo una signora ti dice: “questa è casa nostra, qua ci sono i nostri figli, noi siamo qua ogni giorno”.

Cambia tutto. Questa piccola frase mette insieme i piccoli temi dell'amministrazione, i tanti problemi materiali, in una prospettiva straordinaria: la vita di ciascuno, i sentimenti, i dolori, si possono legare alle soluzioni che ci sembrano tecniche, burocratiche. Questa è la politica. Guardare ai problemi specifici, all'amministrazione fatta di soldi, gare, contratti, con lo sguardo alla vita degli uomini. Non si tratta di risolvere il problema della pulizia al cimitero, perchè è un fatto di dignità, di civiltà e bla bla, ma perchè è un fatto che riguarda la vita di una mamma e di un figlio che si incontrano su un quadrato di marmo, e i loro sguardi non sono più solo un fatto privato, ci coinvolgono. È la politica, una cosa che mi emoziona e ci tocca, viva e antica, buona e cattiva, noiosa e appassionante, quanto l'uomo.

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